🎧 Ascolta l’episodio del podcast “Correnti Future” – “Impatti e pregiudizi, dalle origini a oggi” qui sotto, dove Mattia Battaggion e Pier Paolo Girardi analizzano la storia, i benefici e le sfide della mobilità elettrica.

Il podcast Correnti Future è realizzato da RSE.

Quando Edison e Ford immaginavano il futuro elettrico

Se pensiamo a quando l’auto elettrica ha iniziato a essere considerata un’alternativa efficiente e pulita ai motori a combustione interna, la risposta più ovvia potrebbe essere “negli ultimi 20-30 anni”. In realtà, già nel 1895, Thomas Edison cercava di convincere Henry Ford che il futuro dell’automobile sarebbe stato elettrico.

Ford stesso, in un’intervista dell’epoca, dichiarò:
“Ritengo che alla fine il motore elettrico sarà utilizzato universalmente per l’autotrasporto in tutte le grandi città e che l’automobile elettrica in futuro diventerà il mezzo di trasporto per le famiglie. Tutto l’autotrasporto passerà all’elettricità.”

Ma allora, perché questa visione non si è concretizzata prima? Per un mix di fattori: batterie non ancora efficienti, scarsa infrastruttura di ricarica e, soprattutto, la pressione dell’industria petrolifera che ha favorito i motori a combustione. Oggi, più di un secolo dopo, forse stiamo per assistere al compimento di quella visione lungimirante.


La rivoluzione della mobilità elettrica

Il settore automobilistico sta vivendo la sua più grande trasformazione dai tempi della catena di montaggio di Ford. Non si tratta solo di sostituire un motore con un altro, ma di ripensare l’intera mobilità:
🚗 Impatto ambientale
🔋 Gestione delle risorse
💼 Occupazione e filiere produttive
🌍 Geopolitica dell’energia

Questa transizione, però, è accompagnata da una serie di pregiudizi e dubbi. Le auto elettriche sono davvero più pulite? La produzione delle batterie annulla i benefici ambientali? E cosa accadrà ai milioni di lavoratori impiegati nell’industria automobilistica tradizionale?

Per rispondere a queste domande, il podcast ospita Pier Paolo Girardi, responsabile del gruppo di ricerca Life Cycle Assessment di RSE, che ci aiuta a fare chiarezza con dati concreti.


Auto elettriche e impatto ambientale: il confronto con le auto termiche

Le principali critiche alle auto elettriche riguardano le emissioni di CO₂ e il loro ciclo di vita. Ma i numeri parlano chiaro:

🔹 Se consideriamo l’intero ciclo di vita di un’auto elettrica – dalla produzione della batteria all’utilizzo e allo smaltimento – gli impatti ambientali sono circa la metà rispetto a un’auto a combustione interna.

🔹 Un’auto elettrica, nel corso della sua vita, riduce dal 40% al 60% le emissioni di CO₂ rispetto a un veicolo a benzina o diesel.

🔹 Le emissioni di un’auto a combustione aumentano con il tempo, a causa dell’usura del motore e della necessità di estrarre combustibili fossili sempre meno accessibili. Al contrario, le emissioni di un’auto elettrica tendono a diminuire, perché dipendono sempre meno da fonti fossili e sempre più da energie rinnovabili.

🔹 Il sistema elettrico sta diventando più pulito, grazie all’integrazione di fonti rinnovabili come solare ed eolico. Questo significa che ricaricare un’auto elettrica nel futuro avrà un impatto ambientale sempre minore.


Efficienza energetica: il punto di forza dell’auto elettrica

Uno degli aspetti meno discussi ma più rilevanti della mobilità elettrica è l’efficienza energetica.

🔹 Un motore elettrico ha un’efficienza superiore all’80%, mentre un motore a combustione interna si ferma al 20-25%.

🔹 Dal petrolio alla ruota, un’auto termica ha un’efficienza reale compresa tra il 16% e il 20%, perché gran parte dell’energia viene dispersa sotto forma di calore.

🔹 Un’auto elettrica, invece, riesce a trasformare in movimento tra il 25% e il 60% dell’energia primaria (a seconda della fonte di produzione), rendendola più efficiente di almeno il doppio rispetto a un’auto a benzina.


Il nodo critico: l’estrazione delle materie prime per le batterie

Uno dei punti più controversi della mobilità elettrica riguarda l’estrazione di litio, cobalto e nickel, materiali fondamentali per le batterie.

Alcuni dati chiave:
🔹 La batteria rappresenta circa il 20-25% delle emissioni di CO₂ di un’auto elettrica nel suo ciclo di vita.
🔹 L’estrazione delle materie prime incide per circa il 7,5% dell’impatto complessivo.
🔹 L’Europa sta lavorando su strategie di approvvigionamento sostenibile, introducendo un passaporto delle batterie per certificare che siano prodotte nel rispetto di standard ambientali e sociali.
🔹 L’innovazione tecnologica sta riducendo la dipendenza da cobalto e nickel. Le nuove batterie litio-ferrofosfato (LFP), ad esempio, non utilizzano cobalto e sono completamente riciclabili.

Inoltre, con lo sviluppo di un’economia circolare, in futuro potremo riciclare le batterie usate per ottenere nuove materie prime, riducendo ulteriormente l’impatto ambientale.


Il grande cambiamento nell’industria e nell’occupazione

Uno dei timori più diffusi riguarda il futuro dei lavoratori nell’industria automobilistica.

🔹 L’industria dell’auto in Europa è già in contrazione da anni, e la concorrenza con nuovi attori globali (come le case automobilistiche cinesi) sta accelerando la trasformazione.

🔹 Un’auto elettrica è più semplice da produrre, ha meno componenti e necessita di meno manodopera nella filiera tradizionale. Tuttavia, questo non significa una perdita netta di posti di lavoro: si stanno creando nuove opportunità nei settori della produzione di batterie, della gestione dell’energia e della mobilità connessa.

🔹 L’Europa deve investire in innovazione, perché la filiera della produzione di batterie potrebbe portare occupazione significativa, con nuovi stabilimenti che potrebbero assorbire gran parte dei lavoratori in uscita dal settore termico.


Un fiume che torna al suo corso naturale

La storia della mobilità elettrica somiglia a quella di un fiume che, dopo essere stato deviato per oltre un secolo, sta finalmente tornando al suo corso naturale.

Oggi, la transizione all’elettrico sta abbattendo i vecchi miti:
Le auto elettriche sono più pulite
Sono più efficienti
Possono diventare sempre meno impattanti grazie alle energie rinnovabili
Possono offrire nuove opportunità economiche e occupazionali

Come ogni rivoluzione, questa trasformazione incontra resistenze e ostacoli. Ma, come il fiume che segue la legge della fisica, anche il futuro della mobilità sembra destinato a scorrere nella direzione dell’elettrificazione.

🎧 Ascolta l’episodio del podcast “Correnti Future” – “Reti Fragili?” qui sotto, dove Mattia Battaggion e Filippo Colzi discutono il futuro della rete elettrica e l’impatto della mobilità elettrica sulla stabilità del sistema energetico.

Il podcast Correnti Future è realizzato da RSE.

Dalla paura dei blackout alla rivoluzione della mobilità elettrica

Il 13 luglio 1977, un blackout lasciò New York City al buio per 25 ore, coinvolgendo 9 milioni di persone. L’incidente, innescato da due fulmini che colpirono linee di trasmissione cruciali, scatenò un effetto domino che paralizzò l’intera città. Da allora, il timore dei blackout è diventato una delle principali preoccupazioni legate alla stabilità della rete elettrica.

Oggi, con l’elettrificazione dei trasporti e il crescente numero di auto elettriche, si torna a discutere di quanto la rete possa essere messa sotto pressione. Ma queste paure sono fondate?


Auto Elettriche: Un Peso o un’Opportunità per la Rete?

La mobilità elettrica non riguarda solo le automobili, ma una trasformazione più ampia delle infrastrutture urbane: rete elettrica, parcheggi, distributori di carburante e abitudini di rifornimento stanno cambiando rapidamente.

Se consideriamo che un’auto elettrica percorre mediamente 11.000 km all’anno, il suo consumo si aggira intorno a 1.800 kWh, paragonabile a quello di una famiglia media in 8 mesi.

Secondo il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), nel 2030 in Italia potrebbero circolare 4,3 milioni di auto elettriche, contro le attuali 300.000. Questo comporterebbe un aumento del 2,5% del consumo totale di energia, un incremento gestibile con le infrastrutture attuali.

Anche nello scenario più estremo – con 35 milioni di auto elettriche entro il 2040-2050 – l’aumento della domanda di energia sarebbe tra il 15% e il 20%, un valore significativo ma non critico.


Smart Charging: La Chiave per Evitare il Sovraccarico della Rete

Il problema principale non è la quantità di energia richiesta, ma i picchi di domanda. Se milioni di persone collegassero contemporaneamente le proprie auto elettriche alla rete dopo il lavoro, si rischierebbero sovraccarichi.

La soluzione? Smart Charging, un sistema che regola in modo intelligente la potenza di ricarica, distribuendo il consumo in fasce orarie meno congestionate.

I vantaggi dello Smart Charging:
Riduzione dei sovraccarichi sulla rete
Minori costi per gli utenti, ricaricando nei momenti di minor prezzo
Maggiore utilizzo delle rinnovabili, sfruttando i picchi di produzione solare


Vehicle-to-Grid: Quando le Auto Elettriche Aiutano la Rete

L’evoluzione dello Smart Charging è il Vehicle-to-Grid (V2G), una tecnologia che permette alle auto elettriche di restituire energia alla rete quando necessario.

Le auto diventano così batterie mobili, accumulando energia in surplus (ad esempio dal fotovoltaico diurno) e rilasciandola nelle ore di picco.

Questa tecnologia potrebbe:
✔ Ridurre il bisogno di nuove centrali elettriche
✔ Stabilizzare la rete bilanciando domanda e offerta
✔ Creare opportunità economiche per i proprietari di auto elettriche


Colonnine di Ricarica: Quante Ne Servono Davvero?

Si teme spesso una carenza di infrastrutture di ricarica, ma i numeri dicono il contrario.

Oggi in Italia sono installati circa 60.000 punti di ricarica, distribuiti in 21.500 stazioni, un numero simile ai 21.750 distributori di carburante presenti sul territorio.

Per il 2030, si prevede che serviranno:
🔹 150.000 punti di ricarica lenta
🔹 50-60.000 punti di ricarica ultra-rapida

Le colonnine saranno strategicamente posizionate nei parcheggi aziendali, nei centri commerciali, nei punti di interscambio e nelle aree di sosta prolungata.


Verso una Mobilità Elettrica Intelligente

La transizione all’elettrico non cambia solo le auto, ma il modo in cui concepiamo l’energia.

Se con i carburanti fossili eravamo abituati a rifornirci in stazioni dedicate, con l’elettrico possiamo sfruttare ogni momento in cui l’auto è ferma:
🔹 Di notte, a casa
🔹 Di giorno, in ufficio o nei parcheggi pubblici
🔹 Durante attività quotidiane, nei centri commerciali o nei luoghi di intrattenimento

È un passaggio da un sistema centralizzato a una rete diffusa e intelligente, dove ogni auto elettrica diventa una risorsa per la stabilità energetica del Paese.

La mobilità elettrica non riguarda solo batterie e colonnine, ma un nuovo modo di pensare energia, mobilità e gestione del tempo.


Un’analisi critica dalla presentazione di Nicola Armaroli alla Camera dei Deputati

Il 4 febbraio 2025, Nicola Armaroli del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha presentato alle Commissioni Ambiente e Attività Produttive della Camera dei Deputati un’analisi approfondita sulle prospettive del nucleare in Italia. L’intervento ha messo in evidenza le criticità del piano governativo per il ritorno dell’energia nucleare, con un focus particolare sulle problematiche economiche, tecnologiche e geopolitiche.


Il Contesto: Un’Italia alla ricerca della sicurezza energetica

L’attuale dibattito sul nucleare nasce dalla volontà del governo di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, ridurre la dipendenza dall’estero e garantire una produzione stabile di energia a basse emissioni. In particolare, il Disegno di Legge sul “Nucleare Sostenibile” propone di investire in piccoli reattori modulari (SMR) e, nel lungo termine, nella fusione nucleare. Tuttavia, come sottolineato da Armaroli, queste tecnologie non esistono ancora su scala commerciale e presentano numerose incognite.


I punti chiave della presentazione

1. Non c’è stato un “Rinascimento Nucleare”

Nel 1996, il nucleare rappresentava il 17,2% della produzione elettrica mondiale; oggi questa quota è scesa al 9,2%. In Europa, la Francia – storicamente il paese più dipendente dal nucleare – sta affrontando una spirale di costi e ritardi nelle nuove installazioni, mentre la Cina e la Russia dominano il mercato dei nuovi reattori.

2. L’Italia non possiede né il combustibile né le tecnologie nucleari

Secondo Armaroli, l’Italia si troverebbe a dipendere da fornitori esteri per la tecnologia e il combustibile nucleare, in particolare Russia e Cina, che attualmente dominano il settore. Inoltre, l’uranio – necessario per alimentare i reattori – ha visto un aumento del prezzo del 137% tra il 2021 e il 2025, rendendo l’energia nucleare sempre meno competitiva.

3. Il problema della localizzazione

Uno dei principali ostacoli al ritorno del nucleare in Italia è la scelta dei siti idonei. Il 95% del territorio nazionale è a rischio idrogeologico, sismico o paesaggistico, rendendo difficile la costruzione di nuove centrali senza impatti significativi sulla sicurezza e sull’ambiente.

4. Il confronto con le rinnovabili: una sfida persa in partenza?

Nel 2024, per ogni nuova unità di energia nucleare immessa in rete a livello globale, sono stati immessi 60 unità di energia da fonti rinnovabili come il solare e l’eolico. Il costo delle rinnovabili continua a diminuire, mentre il nucleare è caratterizzato da costi elevati e tempi di realizzazione molto lunghi. Entro il 2040, l’Italia dovrebbe avere oltre 200 GW di capacità rinnovabile installata, rendendo economicamente insostenibile il funzionamento di reattori nucleari che non potrebbero operare a pieno regime per gran parte dell’anno.

5. Un investimento rischioso e incerto

Il piano del governo prevede di installare 120 piccoli reattori modulari (SMR) per una capacità complessiva di 12 GW. Tuttavia, come evidenziato nella presentazione, queste tecnologie non sono ancora mature e non esiste un quadro normativo chiaro per la loro implementazione. Investire oggi nel nucleare significa scommettere su una tecnologia che potrebbe non essere mai competitiva rispetto alle alternative già consolidate.


Conclusioni: Quale futuro per l’Italia?

L’analisi di Nicola Armaroli suggerisce che il ritorno al nucleare in Italia sia una strada irta di ostacoli e incognite. Mentre le energie rinnovabili continuano a crescere e a diventare più accessibili, l’investimento in una tecnologia costosa e ancora in fase di sviluppo potrebbe rivelarsi un passo falso. La transizione energetica è già in atto, ma il futuro sembra essere sempre più orientato verso le rinnovabili, l’accumulo energetico e le reti intelligenti, piuttosto che verso un nucleare incerto e difficile da realizzare.

L’Italia si trova di fronte a una scelta cruciale: inseguire un sogno nucleare dai contorni sfumati o accelerare la decarbonizzazione puntando su soluzioni già disponibili e sostenibili. La strada da percorrere è ancora aperta, ma i dati suggeriscono che il nucleare potrebbe non essere la risposta che stiamo cercando.

📌 Per chi desidera approfondire l’argomento, di seguito trovate le slide utilizzate da Nicola Armaroli durante la presentazione. 📌

Armaroli-nucleare

La transizione energetica in Italia compie un nuovo passo avanti con il deposito dei progetti per due impianti di accumulo energetico BESS (Battery Energy Storage System) nel Comune di Magliano Alpi. Questi innovativi sistemi permettono di immagazzinare l’energia prodotta da fonti rinnovabili e rilasciarla quando necessario, migliorando l’affidabilità della rete elettrica e riducendo la dipendenza da fonti fossili.

Cosa sono i sistemi BESS e perché sono fondamentali

Gli impianti BESS rappresentano una delle tecnologie chiave per la stabilità del sistema elettrico nel contesto delle energie rinnovabili. Il loro funzionamento è semplice quanto strategico: l’energia generata da impianti fotovoltaici, eolici o da altre fonti rinnovabili viene accumulata in batterie di grande capacità e rilasciata nei momenti di maggiore richiesta. Questo permette di ridurre gli sprechi, ottimizzare l’uso dell’energia prodotta e garantire una fornitura costante anche quando le fonti rinnovabili non sono disponibili.

L’importanza di queste infrastrutture è sottolineata dalle direttive europee, che puntano a raggiungere il 45% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030. In questo scenario, il ruolo dei BESS diventa cruciale per il bilanciamento della rete e per supportare la crescente elettrificazione del sistema energetico.

I progetti previsti a Magliano Alpi

I due impianti previsti a Magliano Alpi saranno realizzati in un’area agricola sul Beinale, adiacente alla sottostazione Terna, e nell’area dell’ex discoteca “Cesar Palace”. Le dimensioni di questi progetti sono considerevoli:

  • Impianto nell’area dell’ex discoteca
    • Potenza: 150 Megawatt (MW)
    • Capacità di accumulo: 600 Megawattora (MWh)
    • Struttura: 150 container suddivisi in 30 gruppi di isole
  • Impianto nella zona della sottostazione Terna
    • Potenza: 58 Megawatt (MW)
    • Struttura: 140 container suddivisi in 15 gruppi di isole

Questi impianti si inseriscono nel quadro delle strategie nazionali per lo sviluppo dell’accumulo energetico, contribuendo alla flessibilità e stabilità della rete elettrica.

Le preoccupazioni del Comune e la necessità di un dialogo aperto

Nonostante l’importanza strategica di questi progetti, l’amministrazione comunale di Magliano Alpi ha espresso parere negativo dal punto di vista politico-amministrativo, sottolineando la necessità di un confronto con i cittadini e le pubbliche amministrazioni. In particolare, la Giunta comunale ha richiesto la convocazione di una Conferenza dei servizi simultanea per valutare al meglio l’impatto e le compensazioni legate alla realizzazione degli impianti.

Il sindaco Marco Bailo ha evidenziato che gli impianti non avranno impatti negativi sull’atmosfera o sul sottosuolo e che saranno mascherati da siepi e alberature per ridurre l’impatto visivo. Tuttavia, ha sottolineato l’importanza di un dialogo trasparente tra le parti coinvolte.

Accumulo energetico e il futuro della transizione energetica

Il caso di Magliano Alpi dimostra come l’accumulo energetico sia destinato a giocare un ruolo di primo piano nel percorso verso un sistema elettrico più sostenibile. Per accelerare la transizione ecologica, è fondamentale trovare un equilibrio tra innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale e consenso territoriale.

CretaES, da sempre impegnata nello sviluppo di soluzioni per l’accumulo energetico e l’integrazione delle fonti rinnovabili, continua a monitorare e supportare questi processi, offrendo competenze e tecnologie per una gestione più efficiente dell’energia.

Se vuoi saperne di più sulle opportunità offerte dai sistemi di accumulo e sulle soluzioni per la transizione energetica, contattaci: il nostro team è a disposizione per approfondire ogni aspetto legato alle Comunità Energetiche e alle tecnologie di accumulo! 🚀🔋

Negli ultimi anni, la lotta contro il cambiamento climatico è diventata sempre più urgente. La COP27, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha portato all’attenzione mondiale il problema delle emissioni di CO₂ e la necessità di strategie efficaci per la loro riduzione. I dati mostrano che, nonostante gli sforzi di molti paesi, le emissioni continuano a crescere, con significative differenze tra le economie globali.


Chi sono i maggiori responsabili delle emissioni di CO₂?

Secondo il report della Commissione Europea sulle emissioni globali, nel 2021 le emissioni di CO₂ sono aumentate del 5,3% rispetto al 2020, avvicinandosi ai livelli pre-pandemia. I principali paesi responsabili delle emissioni sono:

  • Cina (33% delle emissioni globali)
  • Stati Uniti (12,5%)
  • Unione Europea (7,3%)
  • India (7%)
  • Russia (5%)

Questi cinque attori rappresentano insieme oltre il 65% delle emissioni globali di CO₂ di origine fossile. La Cina, in particolare, ha superato gli Stati Uniti come principale emettitore nel 2005, e oggi produce da sola più CO₂ di quanto facciano insieme le economie di USA, UE, India e Russia.


Emissioni pro capite e storiche: una prospettiva diversa

Se si analizzano le emissioni pro capite, il quadro cambia. Gli Stati Uniti restano al primo posto, seguiti da Australia, Canada e Arabia Saudita, mentre la Cina, a causa della sua vasta popolazione, ha valori più bassi.

Guardando invece le emissioni storiche cumulate dal 1850 a oggi, gli USA e l’UE restano i principali responsabili del riscaldamento globale, con un contributo storicamente molto più elevato rispetto alla Cina e all’India. Questo è un tema centrale nei negoziati climatici: i paesi emergenti sostengono che le economie sviluppate, avendo beneficiato per decenni dell’uso di combustibili fossili, dovrebbero assumersi una maggiore responsabilità nella riduzione delle emissioni.


Quali settori inquinano di più?

Le emissioni di CO₂ derivano da diversi settori economici, ma la produzione di energia rimane la fonte principale di inquinamento globale. Ecco la suddivisione per settore:

  • Energia e produzione elettrica – 44% delle emissioni globali
  • Industria pesante – 24%
  • Trasporti – 16%
  • Edilizia e riscaldamento – 10%
  • Altri settori industriali – 6%

L’industria dell’energia rimane la principale responsabile dell’aumento delle emissioni. In Cina, ad esempio, il 44% delle emissioni nazionali proviene dalla produzione di elettricità, ancora fortemente dipendente dal carbone.


Il ruolo delle foreste e delle soluzioni naturali

Un aspetto fondamentale nella lotta contro le emissioni di CO₂ è il ruolo delle foreste. Le aree verdi globali assorbono anidride carbonica, mitigando così l’impatto delle emissioni umane. Tuttavia, la deforestazione sta riducendo questa capacità naturale.

Il settore del Land Use, Land-Use Change and Forestry (LULUCF) nel 2020 ha rimosso circa 3,9 gigatonnellate di CO₂, pari a circa il 10% delle emissioni fossili globali. Tuttavia, il tasso di deforestazione globale continua a essere elevato, mettendo a rischio questo equilibrio.


Quali soluzioni per ridurre le emissioni?

La transizione verso un sistema energetico più sostenibile è al centro delle strategie climatiche mondiali. Alcune delle soluzioni chiave includono:

Espansione delle rinnovabili: aumentare la quota di energia eolica, solare e idroelettrica per sostituire i combustibili fossili.
Efficienza energetica: migliorare la gestione dei consumi energetici negli edifici, nei trasporti e nell’industria.
Mobilità sostenibile: investire nei trasporti pubblici e nella diffusione di veicoli elettrici.
Economia circolare: ridurre gli sprechi, promuovere il riuso e migliorare il riciclo dei materiali.
Rimboschimento: proteggere le foreste esistenti e piantare nuovi alberi per assorbire più CO₂.

Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) rappresentano una delle soluzioni più promettenti per incentivare l’autoconsumo collettivo e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili.


Conclusione: agire è una necessità

I dati presentati alla COP27 mostrano che il mondo è ancora lontano dagli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, che prevede una riduzione del 43% delle emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010. Al momento, invece, le emissioni stanno aumentando del 10,6%, rendendo sempre più difficile limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C.

La transizione energetica non è più una scelta, ma un’urgenza. È necessario un impegno coordinato tra governi, aziende e cittadini per accelerare l’adozione di soluzioni sostenibili e limitare gli impatti del cambiamento climatico.

CretaES continua a promuovere tecnologie e modelli energetici innovativi per supportare questa transizione. Unisciti a noi nella sfida per un futuro più sostenibile! 🌍♻️💡

Per approfondire e per altri interessanti grafici sul tema: https://lab24.ilsole24ore.com/cop27-dati-CO2-mondo/

L’idrogeno è da tempo al centro del dibattito sulla transizione energetica. Considerato un vettore energetico chiave per la decarbonizzazione, il suo impiego potrebbe rappresentare una soluzione strategica per settori difficili da elettrificare (i cosiddetti hard-to-abate). Tuttavia, esistono ancora molte sfide da superare, soprattutto in termini di efficienza e costi.

Idrogeno come Sistema di Accumulo

Uno degli utilizzi più promettenti dell’idrogeno riguarda l’accumulo di energia rinnovabile. Le fonti energetiche come il solare e l’eolico sono per natura intermittenti e non sempre producono energia quando c’è domanda. L’idrogeno può fungere da buffer, permettendo di stoccare l’energia in eccesso e rilasciarla nei momenti di minore produzione. Tuttavia, l’attuale efficienza complessiva del ciclo di conversione (elettrolisi, stoccaggio e riconversione in elettricità) si attesta intorno al 40%, un valore ancora poco competitivo rispetto ad altre soluzioni di accumulo.

Le Tecnologie di Produzione dell’Idrogeno

I processi di produzione dell’idrogeno si suddividono in quattro principali categorie:

  1. Processi termici – estrazione di idrogeno da combustibili fossili (come il reforming del metano).
  2. Processi biologici – sfruttano microrganismi per produrre idrogeno da biomasse.
  3. Processi elettrolitici – utilizzano energia elettrica (preferibilmente da fonti rinnovabili) per scindere l’acqua in idrogeno e ossigeno.
  4. Processi sinergici – combinano più tecnologie per massimizzare l’efficienza.

Tra queste, l’elettrolisi dell’acqua è la strada più promettente per la produzione di idrogeno verde, ma il consumo di energia è ancora elevato.

Dove Può Essere Utilizzato l’Idrogeno?

Le prospettive di utilizzo futuro dell’idrogeno coprono diversi settori, anche se con potenzialità e limiti differenti:

  • Settore industriale: già oggi l’idrogeno è impiegato nei processi di raffinazione e nella produzione di ammoniaca, con un potenziale crescente per la decarbonizzazione di altri settori manifatturieri.
  • Trasporti: l’idrogeno potrebbe giocare un ruolo nel trasporto pesante e nell’aviazione, ma i costi elevati e la bassa efficienza rispetto alle batterie elettriche lo rendono meno competitivo per il trasporto leggero.
  • Rete elettrica: potrebbe supportare la stabilizzazione delle reti rinnovabili, fungendo da accumulo di lungo periodo, ma al momento i costi sono ancora elevati.

Idrogeno Sì, Idrogeno No?

L’idrogeno è un pilastro delle politiche europee di decarbonizzazione, ma il suo sviluppo deve affrontare ancora molte sfide tecnologiche ed economiche. Mentre in alcuni settori il suo utilizzo è già consolidato, in altri è ancora troppo costoso e immaturo per una diffusione su larga scala. Il futuro dell’idrogeno dipenderà dalle innovazioni tecnologiche e dai finanziamenti pubblici e privati che ne favoriranno la competitività.

CretaES continuerà a seguire da vicino l’evoluzione delle tecnologie energetiche per un futuro più sostenibile. Resta aggiornato con noi! 🚀⚡

Per approfondire il tema: https://www.rse-web.it/news/il-nuovo-numero-degli-ape-appunti-di-energia-e-dedicato-allidrogeno/

Siamo entusiasti di presentare il nostro ultimo progetto pionieristico, “SmartHydroGrid”, sostenuto dal Ministero della Transizione Ecologica (MITE) nell’ambito dei finanziamenti del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Questa iniziativa, sotto l’egida degli investimenti per la ricerca e sviluppo nel settore dell’idrogeno, rappresenta un passo significativo verso l’integrazione e la valorizzazione delle energie rinnovabili nel tessuto produttivo e sociale del nostro Paese e dell’Europa.

Il progetto mira a reinventare il paradigma energetico attuale, facendo leva sulle FER (Fonti di Energia Rinnovabile), nonostante le loro intrinseche sfide come l’imprevedibilità e la variabilità della produzione. SmartHydroGrid propone un modello innovativo basato sulle smart microgrid, che consentono una gestione efficiente e dinamica dell’energia rinnovabile, promuovendo l’uso dell’idrogeno come vettore energetico versatile.

In particolare, il progetto si concentra sull’integrazione di diverse tecnologie avanzate, tra cui le soluzioni per lo stoccaggio dell’energia, le smart grid e il power to gas, per facilitare una transizione fluida verso un’economia decarbonizzata. Queste innovazioni consentiranno di superare i limiti delle fonti rinnovabili, rendendo possibile una produzione energetica più coerente con i bisogni attuali e futuri.

L’obiettivo di SmartHydroGrid è quello di sviluppare un sistema di gestione e controllo all’avanguardia, supportato da piattaforme digitali come il Digital Twin, che ottimizzi l’utilizzo e la distribuzione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Il nostro approccio mira a massimizzare l’efficienza energetica e a supportare il ciclo completo dell’idrogeno verde, dalla sua produzione alla distribuzione e alla conversione in energia elettrica.

Il progetto sarà implementato attraverso due impianti pilota, che serviranno come modello per la futura espansione: un impianto small scale a Fano, gestito da Techfem S.p.A., e un più ampio impianto reale a Arezzo, sotto la guida di Centria S.r.l. Queste installazioni dimostrative saranno cruciali per testare e perfezionare il nostro modello SmartHydroGrid.

In collaborazione con partner di eccellenza come Techfem S.p.A., Centria S.r.l., Regas S.r.l., e l’Università della Calabria, Creta Energie Speciali (CretaES) si impegna non solo nel progresso tecnologico ma anche nella creazione di un futuro energetico sostenibile. Con un finanziamento totale di € 3.967.207,77, siamo pronti a rendere la transizione energetica una realtà tangibile e efficace.

Restate connessi per ulteriori aggiornamenti su questo entusiasmante viaggio verso l’innovazione e la sostenibilità. Con SmartHydroGrid, stiamo tracciando la strada verso un domani più verde e tecnologicamente avanzato.

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